
L’evento è stato promosso dalla sezione CAI di Castellanza con il supporto della BCC di Busto Garolfo e Buguggiate.
Una sala piena, oltre 250 persone, per un ritorno che ha emozionato e coinvolto. Un ex allievo di Ingegneria della LIUC – Università Cattaneo, Matteo Della Bordella, oggi alpinista di fama internazionale e scrittore, è tornato là dove tutto è iniziato per presentare i suoi libri e raccontare il suo percorso, fatto di vette, esplorazioni e scelte di vita coraggiose. Ad accoglierlo, nell’aula dove anni fa ha discusso la tesi, anche il suo professore relatore e un pubblico attento, tra cui il vicesindaco reggente, i presidenti delle sezioni CAI di Legnano e Busto Arsizio, il direttore della Scuola Vidolda Torre e tanti appassionati del territorio.
L’iniziativa si è inserita nel calendario delle celebrazioni per l’importante anniversario della sezione di Castellanza del Club Alpino Italiano, che ha voluto festeggiare la ricorrenza con una serata-evento di alto profilo culturale e alpinistico, organizzata per giovedì 27 marzo 2025 alle ore 20.45 presso l’Aula Magna Camillo Bussolati dell’Università LIUC. Ospite d’eccezione Matteo Della Bordella, tra i più noti alpinisti italiani del panorama internazionale, che ha presentato la conferenza “Ai confini del mondo – Le mie ultime avventure: dalla Patagonia alla Groenlandia” e il suo libro La vetta della vita.
L’evento è stato promosso dalla sezione CAI di Castellanza con il supporto della BCC di Busto Garolfo e Buguggiate. A raccontare com’è andata è il responsabile della sezione:
«Eravamo intorno alle 250 persone nell’aula magna della Liuc».
Un numero importante per Castellanza, sottolinea: «Non è stata la conferenza tipica del solito alpinista, a me è sembrato che la diretta su un binario umano. Una delle migliori conferenze che abbiamo proposto».
Matteo Della Bordella ha portato il pubblico in viaggio con sé, attraverso il racconto delle sue spedizioni più significative: «Lui ha fatto un focus sostanzialmente sulla Patagonia e la Groenlandia, che sono i suoi luoghi che gli sono rimasti nel cuore. È partito dal discorso che una volta che ha avuto la laurea in ingegneria, e sostenuto il dottorando ha dovuto fare una scelta e ha optato per fare il “professionista” della montagna».
Una scelta non facile, ma che ha portato l’ex ingegnere su sentieri nuovi anche dal punto di vista dell’approccio umano, della sfida personale: «Ha cercato di dare uno sviluppo nuovo a questo suo fare l’alpinista, e, per esempio, ha cercato di essere un po’ esploratore. Mitico il suo viaggio in kayak di 400 km in kayak prima di arrivare a scalare la montagna della sua vita, il Cerro Torre in Patagonia».
Il racconto si è fatto via via più profondo, toccando anche la sfera emotiva e personale:
«In questo percorso si è portato dietro anche degli amici, che ora non ci sono più… Uno è il Bernasconi detto Berna e l’altro è Pasquetto detto Pasqui, che purtroppo sono deceduti molto giovani nel giro di un anno. Il loro obiettivo era quello di scalare su una via nuova il Cerro Torre, “la montagna della Patagonia”. Lui si è fermato un po’, e dopo grazie a un altro amico poi ha ripreso questa scalata ed è arrivato in vetta. Questa esperienza epica l’ha dedicata a loro, ai suoi amici scomparsi. Questo esperienza l’ha reso da un punto di vista umano molto forte. Il racconto è stato delicato e profondo come se fosse un acquarello, non tanto come se fosse una pittura di Van Gogh».
Una testimonianza potente, capace di incantare:
«È stato veramente un’ora e mezza intensa che ha incantato un po’ tutti i presenti, la gente ha apprezzato. In sala c’erano anche giovani e questo per noi come CAI è stato un successo».
Il pubblico ha seguito con attenzione ogni passaggio, affascinato non solo dalle immagini mozzafiato delle spedizioni ma anche dall’intensità del vissuto che Della Bordella ha saputo restituire con semplicità, empatia e autenticità le sue imprese. Alla fine dell’incontro, applausi lunghi e sentiti hanno salutato l’ospite, che ha voluto ringraziare tutti i presenti e gli organizzatori. Un momento particolarmente emozionante è stato il saluto tra l’alpinista e il professore con cui, anni prima, aveva discusso la sua tesi di laurea. Un cerchio che si è chiuso, con il segno indelebile di un percorso che ha saputo unire conoscenza, passione e sogno.