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06/10/2008
La nostra storia lunga 111 anni

Una banca legata all'economia reale, concreta, lontanissima dalle logiche esclusivamente finanziarie salite alla ribalta delle cronache di questi giorni, una banca legata all'economia reale. È l'immagine della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate lungo i suoi centodieci anni di vita. A un anno esatto dalle celebrazioni per il cento decimo della fondazione, la Bcc è tornata sulla sua storia. Venerdì 3 ottobre, nell'auditorium don Besana, in occasione della presentazione del primo volume della storia dell'istituto "Tra due fiumi - Il laboratorio naturale Ticino Olona. Credito cooperativo ed economia tra '800 e '900", un convegno ha fatto memoria anche ad uso e consumo del presente. "La Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate esprime il quid del nostro territorio, della nostra gente; quell'atteggiamento che, in qualsiasi condizione, ha guardato con progettualità al futuro. - ha detto in apertura del convegno Luca Barni, direttore generale della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate - Senza attendere, senza confidare fatalisticamente in tempi migliori, ma dando sostanza alle proprie intuizioni. L'agricoltura non dava da vivere? Ecco le manifatture. La grande industria era colpita dalla crisi? Ecco degli operai rimboccarsi le maniche per cambiare pelle, diventare imprenditori; di se stessi ancor prima che degli altri"
Alla discussione, oltre all'autore del libro, Pietro Cafaro, professore di Storia economica e sociale all'Università Cattolica di Milano, hanno preso parte Sergio Zaninelli, storico economico già rettore dell'ateneo di largo Gemelli, e, in qualità di moderatore, il giornalista Gianni Borsa. La conversazione ha preso le mosse proprio dal libro di Cafaro, dal carattere distintivo del territorio fra due fiumi (Altomilanese e Varesotto), la capacità di cambiare pelle, di riprogettarsi in continuazione, dall'agricoltura alla grande industria all'artigianato che diventerà, grazie all'intraprendenza di alcuni operai che cominciarono come terzisti per le fabbriche, la piccola e media impresa. «Quante volte questo territorio si è inventato -si è domandato il direttore generale della Bcc Luca Barni nel suo saluto iniziale. Quante crisi è stato in grado di mettersi alle spalle? Trovo particolarmente azzeccata l'espressione laboratorio naturale riferita alla terra fra i due fiumi. Rende alla perfezione l'idea l'atmosfera di operosità e al contempo di sperimentazione che ha caratterizzato l'economia di Altomilanese e Varesotto».
Se le condizioni della gente di questa particolarissima porzione di Lombardia erano pessime -come rimarcato da Zaninelli- una risposta efficace alla crisi agraria che stava mettendo in ginocchio l'economia fu propria la nascita del sistema di credito delle casse rurali nella seconda metà del secolo. Una risposta data dalla sensibilità sociale dimostrata da alcuni giovani sacerdoti, fra cui don Giovanni Besana, parroco di Busto Garolfo. «La Cassa rurale nacque e crebbe sulla fiducia di cui godeva il parroco -ha spiegato Cafaro-, ma anche sulla rete di rapporti all'interno di una piccola comunità, dove tutti si conoscevano e da cui poteva trarre senso la responsabilità illimitata e solidale cui dovevano sottostare i soci».
Del resto, la storia della Cassa rurale non fu turbata da episodi traumatici, come la bancarotta che interessò, nella vicina Busto Arsizio, la Banca di Sconto; anzi, «a un certo punto della propria storia -ha ricordato Cafaro- l'istituto soffrì di eccessiva liquidità per la difficoltà nel trovare impieghi». Da qui l'idea di far assorbire l'istituto di Busto Garolfo nella Cassa di risparmio delle Provincie Lombarde. Ipotesi, questa, che a più riprese si affacciò nella vita dell'istituto, ma che non si perfezionò mai. Così la Cassa rurale mantenne, unico istituto di credito fra i tanti nati fra il 1862 e il 1915, una natura autenticamente locale. La svolta nella storia della cassa avvenne con il cambio della guardia negli anni Cinquanta, quando alla presidenza Antonio Morandi subentrò ad Alessandro Grosso, in carica dal 1909, dopo la morte di don Besana. Il nuovo corso aprì il credito anche all'artigianato, non limitandosi più alle attività agricole. Proprio puntando su queste attività, sullo spirito di intrapresa tipico della gente che vive tra Ticino e Olona la banca diede un contributo fondamentale alla crescita dell'economia e del territorio stesso. Una banca, quindi, sempre agganciata al lavoro, alle reali dinamiche economiche che si sviluppavano. «Questo accadeva in quel territorio che oggi la nostra Bcc presidia dopo l'unione delle aree perfezionata l'anno scorso -ha commentato il presidente della Bcc Lidio Clementi. Un caso? Un disegno? A me importa sottolineare che delle tante banche citate nella prima parte de libro solo una banca, nata con una vocazione locale, locale è rimasta. La nostra. Non so se sia un disegno. Di certo non è un caso».
La banca comincia a dialogare quindi anche con le realtà diverse dall'agricoltura, guarda alle nuove attività motrici dell'economia, industria in primis. «Anche se vorrei sfatare l'immagine di Paese industriale che l'Italia avrebbe definitivamente assunto con il secondo dopoguerra - ha concluso Zaninelli. Un paese può dirsi realmente industriale non in forza di una struttura più o meno organizzata, ma anche e soprattutto di una forma mentis che in Italia non si ritrova sempre, come mostrano le nostre carenze in campo scolastico e formativo».
Con la svolta portata da Antonio Morandi si conclude il volume, la prima parte della storia della cassa rurale che sarebbe diventata Banca di credito cooperativo e si sarebbe, dal campanile bustese, aperta al territorio sino a presidiare, come oggi, quella Terra dei due fiumi oggetto dell'opera.